I fatti micidiali della settimana inviterebbero a parlare dello sgombero di edifici occupati abusivamente, con relative procedure da adottare. O dell’eterna questione dei migranti, o della lotta contro l’abusivismo e delle case mal costruite, facili vittime delle immancabili scosse sismiche. Ma fin troppo, qualche volta con toni accettabili, si è discusso di questi rompicapi. Preferisco rimetterne in campo uno diverso, che però risulta cruciale per i prossimi tempi, fondamentale in particolare se si vuole lasciare aperta la possibilità che Renzi ritorni a essere il nostro premier, eventualità a me cara. Purtroppo però le prospettive non sono affatto rosee in questa direzione, soprattutto se la legge elettorale sarà di stampo proporzionale. Renzi non avrà mai una maggioranza disposta a nominarlo alla premiership. Diventa più probabile che, a capo di una inevitabile “grosse coalition” di casa nostra, venga confermato Gentiloni, o promosso Minniti, che sta mietendo consensi, mentre Renzi dovrebbe accontentarsi di esercitare un duopolio da segretario del Pd. A permettergli di ritornare in pole position ci starebbe solo un premio di maggioranza, che se non sbaglio la pronuncia della Consulta consente per il partito o per la coalizione che raggiungano il 35% dei voti. Naturalmente non si parli di coalizione, che per la sinistra ha già dato per ben due volte una pessima performance mandando a casa Romano Prodi. Del resto i Cinque Stelle non la vogliono, tanto meno Renzi, che saprebbe di dover andare a primarie con qualche alleato-oppositore, per esempio con Pisapia. E non la vorrebbe neppure Berlusconi, che allo stesso modo dovrebbe giocarsi la guida di quella carica con l’insidioso Salvini. Ma forse ci sarebbero forze in Parlamento per strappare un premio di maggioranza al 35%, però col rischio che nessun partito riesca a superare quella soglia. Renzi potrebbe lasciarsi tentare e fare la scommessa, contando sul 40% che ha riportato nel referendum costituzionale, e nella stessa somma di consensi ottenuta nelle ormai mitiche elezioni europee. Però dall’attuale cifra inferiore al 30% il passo sembra davvero lungo per raggiungere quel traguardo, e beninteso uguali speranze le potrebbe nutrire pure l’avverso fronte pentastellato. Ma se si va alla soluzione cosiddetta tedesca, nulla da fare, l’asticella per ottenere seggi potrebbe essere portata, per entrambe le camere, al 5%, nel quale caso sia i moderati di centro, sia una sinistra non scalmanata a conduzione Pisapia potrebbero passare, ma anche così sommando i rispettivi voti e seggi al certamente consistente esito del Pd non si riuscirebbe ad avere una maggioranza parlamentare, e di governo. Niente da fare, o l’azzardo di un premio di maggioranza, o un futuro di coalizione obbligata, affidata a un moderato, capace di ottenere suffragi da una parte e dall’altra, ma così costretto a dare vita a una navigazione timida e immobilista.